Non deve aver timore del mito di Icaro, Matteo Baldi, sapendo che anche una sua eventuale parabola verso i raggi solari, lo porterebbe alla consueta caduta sul materasso. Sì, Matteo non ha paura di spiccare il volo, di sfidare la forza di gravità, e oltrepassare l’asticella che vuole vedere salire sempre più, perché se fai “salto in alto” il tuo obiettivo è proprio quello.
Alla seconda gara della stagione per lui è arrivato un nuovo primato, 2.07, che non entra negli annali della nostra storia atletica da solo, ma si accompagna al 2.04 e al 2.01 valicati prima di raggiungere questo nuovo “tetto” nelle progressione della bellissima competizione lucchese. Se si vanno a vedere le statistiche, si nota che Matteo nel corso degli anni ha saltato più o meno una ventina di volte sopra ai due metri. Un’eccellenza assoluta per il nostro livello atletico.
Ma sono i dettagli a fare la differenza, a spingere Matteo così in alto. Il valicamento è degno di ammirazione e studio: un arco dorsale flessuoso e morbido, tenuto e prolungato; una rincorsa ritmata, veloce senza esitazioni; uno stacco perfettamente in asse, rapido e felino.
Non c’è improvvisazione in questa tecnica affinata in anni di paziente lavoro da parte di Stefano (Giardi), che ha riversato sul nostro saltatore gli ultimi studi del settore, compresi gli ormai famosi esercizi “Canali”.
Questa costanza di rendimento, crescente nel tempo, è quindi frutto di una ottima preparazione accompagnata (o che accompagna) da una salute che fortunatamente lo ha lasciato lontano da seri infortuni.
Prendetevi un rallenty dal basso, da dietro, del momento dello stacco di un altista; guardate ora la tremenda torsione cui è sottoposto il piede che riceve tutta la velocità della rincorsa e la tramuta in spinta verticale; cercatevi adesso gli studi biomeccanici che dicono quanti sono i chili che deve sopportare questo “povero” arto, e rimarrete stupiti!
Matteo, come tutti i saltatori, quando è in pedana non ci fa caso, è concentrato sull’asticella da sorpassare. Per chi deve essere lieve come una piuma, non esiste un pensiero grave.
E poi, fatti bene i “compiti a casa” (leggi gli allenamenti), quello che conta in gara – nell’alto più che in qualsiasi altra specialità – è l’aspetto psicologico, la concentrazione, la convinzione di valere la misura che ti aspetta al termine della rincorsa.
Quando fai salto in alto ci sono infatti solo tre opzioni. Verrebbe da dire due, in realtà sono tre, due quasi uguali: o passi sopra l’asticella, o l’abbatti, o passi sotto.
Il salto in alto, come quasi tutte le specialità tecniche, è ripetitività di gesti; meccanica di movimenti; costanza di esercizio; cadenza; ritmica, ricerca di perfezione. Fotocopia in serie di atti da mandare a memoria.
Per fare questo per anni, e ribaltare l’ apparente monotonia, ci vuole motivazione e passione.
Matteo è un esempio, si alza la mattina per andare a lavoro; completa la sua giornata impiegatizia, e con il sorriso arriva al Campo, pronto a divertirsi con l’allenamento che l’attende.
Senza il piacere e lo stimolo agonistico certe cose non le fai: non balzi, non passi gli ostacoli, non fai acrobatica, non “tiri” su pesi, e nemmeno ti presenti in pedana, due giorni dopo la gara record, alle 19:30, con il buio e una temperatura vicina agli 0 gradi, per una nuova seduta tecnica.
Matteo per questo è un esempio, il 2.07 e quello che verranno dopo sono solo una conseguenza.
A. B.