Il primo pensiero venuto in mente nell’ennesimo bubbone mediatico e giudiziario legato al “caso Schwazer”, è la famosa frase di Hegel, con la sottintesa metafora che le “vacche nere di notte” non portano a distinzione di sorta tra le differenti sfumature tra più soggetti, fenomeni, accadimenti.
Un grande miscuglio in cui tutti sono uguali, tutti da trattare allo stesso modo: utilizzatori di EPO (pizzicati dall’antidoping), tende ipossiche (illecite in Italia, regolari oltralpe), missed test, mancate notifiche, cortisone, ecc.
Certo questa è una sintesi estrema, nello specifico, oltre alle carte processuali, saranno magistratura (ordinaria e sportiva) a fare luce, e quindi distinguere il colore delle “vacche”, per stabilire chi eventualmente ha barato, se sono stati commessi illeciti o negligenze.
Quello che preme capire, per chi fa atletica leggera (o altri sport) dal basso, come nel nostro caso, è se agli alti livelli la pratica è credibile e la competizione internazionale leale.
Nello specifico abbiamo due sole domande che ci interessano:
- Possiamo garantire a una nostra/o atleta di talento che un domani avrà le carte in regola per fare il professionista e vestire la maglia azzurra di stare tranquillo?
- Possiamo dirgli che comportandosi nelle regole avrà la chance di ottenere successi internazionali?
In conclusione, vorremmo che il sistema sportivo, nazionale e internazionale, garantisse tutto questo, facendo un’opportuna prevenzione e informazione su tutto ciò che è l’arcipelago doping (oggi assente), e che le normative e le pratiche lecite/illecite fossero uguali in tutti gli stati.
Senza questi presupposti la credibilità dello sport moderno sarà sempre compromessa, minata, e tormentata come adesso dal ciclone mediatico.
Andrea Bruschettini