Ci vorrebbe il miglior Hemingway, lui così amante della tradizione spagnola della corrida, per descrivere il “matador” Yohanes Chiappinelli. Il matador nel gioco taurino arriva a uccidere il povero animale; qui, prendiamo questa metafora, togliendele la parte cruenta, per descrivere una corsa con tanti caduti lungo i 3000m e le sue infinite barriere.
E’ un matador Yohanes perchè ha lavorato ai fianchi, incessantemente, tutti i suoi avversari.
I 15 sulla starting line si muovono rapidi allo sparo, ma dopo 100m, la corsa si ferma e si trasforma in passeggiata storica, ma in canotta e pantaloncini…..
L’allievo di Maurizio si trova, anzi si posiziona, davanti, in un blocco compatto di atleti che sembrano più impegnati in “surplace” ciclistico che in una finale continentale. Ma é normale che sia così, ci si studia, ci si annusa, ci si valuta, e così si arriva al primo 1000 in 3’02″31 – tempo da gara regionale – quando il primo dei tre francesi si muove, quello meno quotato, Bedrani.
Di lì a poco Yohanes capisce che non può stare a questo gioco lento e logorante, che è il caso di prendere l’iniziativa, come in batteria.
Senza strappare, ma anche senza incertezze, la più piccola delle due maglie azzurre in finale (l’altra la indossa Abelwhed) comincia il suo lavoro ai fianchi.
Davanti a tutti, li mette piano piano in fila, mentre la sua scia viene battezzata da un certo Mekhissi, tre podi olimpici, e titolato continentale in carica.
Si capisce che il ragazzo senese fa sul serio, non è un fuoco di paglia il suo, non c’è stanchezza. E lo intuisce prima di tutti il forte transalpino.
Partono come saette le sue “banderillas” che feriscono le gambe degli altri atleti, appesantite dal cambio di ritmo, non vertiginoso ma evidente, con un passaggio al 2000 in 5’51″62, ovvero un secondo chilometro sul piede dei 2’49”.
Ci riprovano i francesi a mettere il naso avanti, ed è una boccata di ossigeno che non fa male, tanto che Yohanes riparte, di lì a poco, di nuovo all’attacco, infierendo senza pietà sui pochi che hanno deciso di seguirlo.
Il lavoro si concretizza negli ultimi giri, dove, ancora in testa, fa apparire sempre più chiara la possibilità di una medaglia.
Suona la campana, e allora è il momento del più forte in campo, Mekhissi, che ringrazia Yohanes per il suo lavoro, lo scarta, lo distanzia ma non lo semina.
Yohanes tiene duro ai meno 300, poi, sul rettilineo opposto, passa come una saetta lo spagnolo Fernando Carro, tanto che Yoghi si fa prendere dalla foga e ci fa sussultare con una incertezza nell’atterraggio della terz’ultima barriera.
L’ultima riviera la affrontiamo con il fiato sospeso, mentre dietro l’inglese Seddon non guadagna un metro, ma il campione europeo del 2014, Yoann Kowal, sprinta dal quinto posto a velocità doppia.
Il rettilineo finale è in apnea, per noi, ma non per il campione europeo under 23, che non cede più un metro; affaticato sì, ma non esausto.
Un ultimo salto sull’ultimo ostacolo, e poi via fino al traguardo, la soddisfazione, le mani sul voloto (“Ma cosa ho fatto?!”), gioia, il tricolore e un giro d’onore tra gli applausi dei 50.000 dell’Olympiastadion.
Ovvio, il vincitore con merito del titolo continentale è Mahiedine Mekhissi, ma è appunto l’atleta cresciuto nella nostra società il vero “matador”, colui che si è preso in mano la gara, non l’ha subita, l’ha indirizzata, decidendone apputo la tattica, per logorare quanti più avversari possibili.
Senza facile retorica, dietro ogni vittoria sportiva – in questo caso una scintillante medaglia di bronzo – c’è oltre all’atleta, un allenatore, e in questo terzo gradino del podio, come sempre avvenuto fino ad adesso, tutto nasce in casa, grazie al lavoro di Maurizio Cito.
Yoghi e Maurizio hanno creato una solida sinergia, scevra di orpelli, concreta, scentifica, misurata, tecnicamente ineccepibile che, da tempo, dà risultati che dovrebbero essere presi a modello da tanti.
Non sempre nell’atletica, nonostante il duro lavoro che si mette assieme, “due più due fa quattro”. Tante le variabili che incidono e che non permettono a volte di concretizzare quanto fatto in allenamento.
Ma con il duo Yo – Mau sembra che non esistano variabili: due più due fa sempre quattro!
Se questa medaglia per l’Italia sportiva è stata una sorpresa, non lo è per noi dell’Uisp Atletica Siena, che avevamo fiutato nell’aria la grande condizione di Yohanes dell’ultimo periodo.
Complimenti ad entrambi.
Andrea Bruschettini